LO STRALISCO / Roberto Piumini

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Lo Stralisco di Roberto Piumini (1987)

Attraverso la pittura e l’immaginazione il mondo entra nella stanza di un bambino malato che viene accompagnato alla morte con dolcezza. La storia di un’amicizia delicata e assoluta.

 “Nel giorni seguenti Sakumat e Madurer stettero molto insieme, giocando e parlando. - Che cosa dipingerai, Sakumat? – chiedeva il bambino. -  Non lo so ancora, Madurer. Ci ho pensato molto, ma la mia mente è rimasta vuota, bianca come le pareti di questa stanza. - Però dipingerai, vero? - Certo, Madurer. Ma prima bisogna che ne parliamo, io e te. Bisogna che decidiamo quali sono i nostri desideri.” (…)

- Che cosa è quello? – chiese un mattino Madurer, dopo aver osservato a lungo, in silenzio, un tratto dell’orizzonte marino. - Quello? È il mare. -  No! Quello… – indicò il bambino, – quel piccolo punto sul mare, un po’ a sinistra della nuvola. Lo vedi?

(…) – Non so cosa sia, Madurer, – disse il pittore, – non lo avevo mai visto, prima. Però qualcosa deve essere. Non è un uccello? - No, se fosse un uccello sarebbe un po’ sollevato dall’orizzonte, o del tutto invisibile. Ma cosa potrebbe essere, Sakumat? Potrebbe essere un’isola lontanissima? - Certo. Oppure potrebbe essere un’isola non troppo lontana, ma piccolissima. - Oppure, potrebbe essere una nave! - Sì. - Come facciamo a saperlo, Sakumat? - Basta che aspettiamo. Se domani c’è ancora, vuol dire che è un’isola. Se non c’è più, o si è avvicinato, è una nave. - Allora aspettiamo. Il mattino dopo, appena sveglio, il bambino corse vicino alla parete. - C’è ancora, guarda! È diventato più grande: è una nave che si avvicina!” (…)

 “Madurer, un giorno, cominciò ad aggiungere delle spighe sottili, dorate, che spiccavano nell’erba e spingevano, però non troppo, la loro cima nell’azzurro del cielo. - È arrivato il grano, nel nostro prato? – disse sorridendo Sakumat, che si fermava qualche volta alle spalle del bambino, a guardarne il lavoro. - L’ha portato il vento fino qui, dalla grande vallata del Firat? - Non è grano, – rispose Madurer serio serio, – queste non sono spighe di grano. - Non è grano? Però sembra grano: un grano sottile… - Sì. È simile al grano. Ma sono spighe di stralisco.

 (…) - Vuoi dire che i nostri paesaggi possono continuare? – disse. - Possono continuare, sì. E cambiare. Se noi vogliamo. - Cambiare come? Diventare più belli? - Sono già belli, Madurer. Ma possiamo andare avanti nella storia, aggiungere il resto della vita.” (…)

- “Padre, vedi? Il prato si addormenta, – disse Madurer.” Tre volte questa frase ripetuta al padre. “- Padre, sai cosa prova il prato? - Vuoi dire l’erba?- Sì, l’erba, i fiori. Anche quello che non è erba e fiori. La terra, gli animali, i piccoli sassi, le radici. Il prato. Tutto il prato. Sai cosa prova? - Ti ascolto, – e Ganuan avvicinò la testa a quella del figlio. -  Il prato sente una stanchezza felice, – disse il bambino, con il tono di chi rivela un segreto, – come quando si corre molto nel gioco. Il prato ha corso molto…” (…)